Lunedi, 29.08.2022

Vincitrice del premio «Master of Sake-Pairing»

Angelika Grundler, sommelier del ristorante Pavillon dell’hotel Baur au Lac di Zurigo e detentrice del titolo di sommelier dell’anno, ci svela come abbinare il sakè e cosa rende questa bevanda fermentata così speciale con i piatti della cucina tradizionale.

Anche se ormai ne parlano tutti, il sakè non è ancora entrato a pieno titolo nei menu dei ristoranti. Dove crede possa collocarsi questa bevanda nei ristoranti svizzeri?

I ristoratori che lavorano con un sommelier dovrebbero assolutamente tenere in considerazione il sakè. È una bevanda tutt’altro che sconosciuta ma è anche complessa e come tale va raccontata e spiegata a fondo. È molto indicata con menu a più portate che si accompagnano a vino o ad altre bevande. Proporre al cliente di pasteggiare con il sakè significa per ristoranti e alberghi offrire un’esperienza sorprendente e inedita. In molti ristoranti giapponesi il sakè è già parte a tutti gli effetti del menu.

 

Nel 2022 ha vinto il premio «Master of Sake-Pairing» scegliendo di abbinare il sakè a dei saltimbocca di animelle di vitello con ragù di gallinacci. Un accostamento sui generis, non trova?

A prima vista sì. Anche se il sakè che ho scelto era molto secco e ricco di umami e andava quindi a braccetto con la sapidità delle animelle e il gusto deciso dei funghi. Le note sapide tendono a esaltarsi a vicenda e ad avvolgere il palato. Il sakè non deve essere per forza abbinato a pesce o a verdure pregiati, lo si può bere anche con piatti speziati di ispirazione occidentale.

«Il sakè è molto versatile»

 

Qualche altro esempio di abbinamenti al bacio?

Oggi anche in Europa possiamo contare su un’ampia gamma di sakè. Se lo si vuole servire per aperitivo, proporrei un sakè frizzante secco che si sposa divinamente con gli stuzzichini. I sakè secchi dal carattere forte e dal gusto umami sono indicati per esaltare il sapore di piatti caldi o sostanziosi come pesce alla griglia o carne con salse cremose. Esistono poi sakè più delicati e floreali che si accostano bene a piatti crudi come tartare di salmone con insalata riccia. I sakè più dolci e floreali valorizzano tutti i tipi di dessert.

 

Come si degusta il sakè?

Seguendo il metodo classico di degustazione del vino: occhio, naso, bocca. A una prima occhiata il sakè potrebbe apparire limpido come l’acqua, spesso però presenta una sfumatura lattiginosa o tendente al verde, a volte è opaco o velato. Meglio procedere quindi con un esame visivo più scrupoloso. Il secondo step è l’esame olfattivo. È importante sapere Cogliere i diversi profumi che lo caratterizzano: dai floreali ai legnosi. È però al palato che il sakè sprigiona tutto il suo aroma. Per neutralizzare il palato durante gli assaggi, sarà utile pulire le papille masticando un pezzo di pane raffermo tra un sakè e l’altro. Il consiglio è di iniziare con bottiglie il più possibile diverse tra loro.

 

Che usi ha in cucina?

Ideale per deglassare salse al posto del vino bianco o dello sherry, come su una salsa con cipolle stufate, il sakè è ottimo anche per le marinate di pesce crudo, spesso condito con miso o alghe, o per le marinate di carne cruda. Lo si può utilizzare anche per glassare tagli di carne come le costine alla griglia. 

«Molti aspetti della produzione del sakè sono estremamente individuali e scanditi da cerimoniali»

 

Come dobbiamo immaginarci la produzione di sakè in Giappone? Anche lì esistono realtà artigianali come da noi in Occidente? 

La tradizione del sakè è in parte più antica della produzione del vino ma il paragone con le cantine artigianali (in giapponese sakagura), non è affatto fuori luogo. Molti aspetti della produzione di questa bevanda sono estremamente individuali e scanditi da cerimoniali. Uno di questi molto importante riguarda il tipo di acqua utilizzata, che il più delle volte sgorga da sorgenti di montagna ed è determinante ai fini del gusto finale del sakè. Serve poi il riso, il cui grado di raffinazione influisce anch’esso sulla qualità del prodotto. Per quanto riguarda i lieviti utilizzati, ogni sakagura ha le sue preferenze e le sue ricette segrete. Alcune usano il lievito del pistillo del raro arbusto del rododendro. In alcune cantine molto tradizionali poi, durante il processo di fermentazione del riso, i lavoratori intonano tipiche melodie: oltre a essere uno spettacolo molto suggestivo, queste storie rappresentano anche un ottimo materiale quando si racconta il prodotto al cliente.

 

Come va servito il sakè?

Tendenzialmente è una questione di gusti: lo si può servire leggermente fresco a 10-12 °C o a temperatura ambiente. Spesso lo si beve tiepido, ma eviterei di farlo con i sakè più pregiati perché si rischia di privarli del loro carattere. Di solito il sakè è servito in piccole tazze di legno o di porcellana. Non esistono comunque regole fisse: ognuno è libero di fare a modo suo. A me ad esempio piace berlo freddo in un bicchiere da vino bianco.

 

Angelika Grundler

 

Età: 30 anni

Famiglia: in dolce attesa con il compagno

Domicilio: per ora Zurigo ma con progetto di trasferirsi in autunno sul Lago di Costanza

Abbinamento di sakè preferito: tutto quello che viene dal mare con un sakè Junmai secco