Lunedi, 22.08.2022

Il mondo del cibo digitale

Pubblicista, presentatore, imprenditore, Hendrik Haase è un personaggio poliedrico. La sua opera «Food Code» getta luce sulle modalità con le quali le tecnologie digitali stanno rivoluzionando il mondo dell’alimentazione.

Tutti parlano di digitalizzazione ma pochi se ne occupano. Lei ha scritto un libro che esamina la digitalizzazione dal campo al piatto in tavola. Come è nato?

Nel 2015 sono stato uno dei fondatori della macelleria artigianale «Kumpel & Keule» a Berlino. La nostra attività si è dotata in brevissimo tempo di un proprio sito web, di un canale Instagram, di un tool per prenotare i prodotti e via dicendo. A un certo punto ho pensato: «Bene, questa è la decima applicazione di cui ho bisogno. Ma cosa ci sta dietro?». Sul mondo digitale del cibo non esistevano ricerche o studi accessibili al pubblico, così mi sono messo a fare ricerche per conto mio.

 

«La digitalizzazione è uno strumento o un’arma»

 

Dove crede ci siano opportunità di crescita digitale per i ristoratori?

Oggi esistono molte app e piattaforme online utili. L’app giusta aiuta i ristoratori a pianificare gli acquisti o addirittura a smerciare le derrate alimentari non utilizzate, evitando sprechi alimentari. Ci sono poi app che consentono anche di aumentare la notorietà di un ristorante oltre i confini della città, il che per una piccola impresa è una grande opportunità. Le nuove tecnologie possono diventare uno strumento o un’arma, dipende da come le si usa.

 

Nel libro c'è anche un esempio che ci fa riflettere: un’app che raccoglie dati di menu, fotografie e recensioni di ristoranti su Internet e li utilizza per sviluppare un programma che misura la domanda e individua le tendenze. Queste previsioni vengono poi messe in vendita. 

Dietro a molte app ci sono aziende che raccolgono e monetizzano dati. Per i ristoratori è un’arma a doppio taglio: le app pratiche semplificano la vita, agevolano i processi di ordinazione o il marketing. Spesso però paghiamo tutto questo con i nostri dati, alimentando una macchina che finisce per diventare più furba di noi. Un algoritmo, ad esempio, riesce a sapere quanti panini all’hummus potrebbero essere venduti in un tal angolo della città e in un tal giorno, permettendo così a un’azienda di regolarsi di conseguenza. I ristoratori rischiano di essere esclusi. Un altro esempio è quello di un servizio di consegna del Regno Unito che stava accarezzando l’idea di aprire le proprie pizzerie nel 2018 in luoghi della città dove c’era molta richiesta. Il servizio di delivery era già a conoscenza di tali dati perché venivano esattamente dalle aziende per le quali consegnava le pizze. Anche nel settore della ristorazione, come con Facebook o Instagram, è importante considerare dove vanno a finire i dati che condividiamo.

 

Quindi i ristoratori dovrebbero sempre leggere le scritte in piccolo nelle app e nei programmi?

Non è realistico nella vita di tutti i giorni. Anche come utenti privati non ci mettiamo a leggere pagine e pagine di condizioni generali di contratto su Google o Facebook. Credo che i politici e le associazioni professionali abbiano una responsabilità in tal senso. La cosa positiva è che siamo ancora in tempo per partecipare e dire la nostra. Ma la politica deve reagire: un singolo ristoratore non può contrastare la grande quantità di dati e tecnologie.

 

Crede che in futuro il cibo sarà prodotto e consegnato solo da robot?

Secondo le mie stime creare qualcosa di proprio è la miglior garanzia di futuro. Mi piace l’esempio di uno chef stellato tedesco che ha bandito tutti gli smartphone dal suo ristorante, vietando fotografie o tweet, una misura paradossalmente molto apprezzata dai clienti. Vedo buone chance per coloro che sviluppano i propri concept, hanno una buona conoscenza della mente umana e intuito. Il mondo degli algoritmi mira a personalizzare il più possibile e a calcolare qualcosa di personalizzato. Ma i clienti vogliono anche essere sorpresi e messi alla prova. Non dimentichiamoci poi che i ristoranti sono importanti centri di aggregazione sociale.

 

Hendrik Haase

Età: 38 anni
Domicilio: a Berlino quando non è in viaggio
Piatto preferito: patate, patate cornetto di Bamberga o patate di montagna svizzere con burro di latte crudo e sale (sale delle saline di Luisenhall).

 

Hendrik Haase è pubblicista, consulente, designer della comunicazione e relatore. Parla e scrive di cibo, cultura alimentare e di come rendere appagante il futuro all’epoca della rivoluzione digitale ed ecologica. È considerato uno dei più noti attivisti tedeschi per l’alimentazione e lavora come consulente per le istituzioni, la politica e l’economia. Nel 2021 ha pubblicato il libro «Food Code» che affronta il tema della rivoluzione digitale nella filiera alimentare.